Negli ultimi anni molti ricercatori si sono chiesti se i cani sono in grado di provare gelosia, un’emozione che emerge quando un individuo ritiene che un rivale sociale stia minacciando un rapporto importante.
Chi è proprietario di due o più cani probabilmente ne è già consapevole, ma è arrivato anche il supporto da parte del mondo scientifico: in certe situazioni i cani potrebbero diventare gelosi. Proviamo a far caso a cosa fa il nostro cane quando diamo attenzioni o ci fermiamo a coccolare un altro cane. Potrebbe agitarsi, cominciare ad abbaiare o guaire, oppure avvicinarsi ed interporsi fisicamente tra noi e il cane che stiamo accarezzando.
Questi comportamenti sono simili alle risposte che si osservano nei bambini gelosi quando vedono la propria madre dare attenzioni ad un altro bambino. Per molto tempo si è ritenuto che solo gli umani fossero in grado di provare certe emozioni, ma oggi sappiamo che non è sempre così. Poiché è difficile, però, sapere che cosa accade all’interno della mente dei cani, è solo osservando e studiando il loro comportamento che possiamo ipotizzare quello che provano davvero.

Uno studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Psychological Science dal team di ricercatori dell’Università di Auckland vedi estratto video ha infatti cercato di capire se i cani esibiscono gli stessi comportamenti tipici della gelosia che osserviamo negli umani [1].
Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno coinvolto 18 cani e i loro proprietari. I cani sono stati abituati a rimanere legati ad un guinzaglio attaccato ad uno strumento per misurare la forza, in modo tale da poter registrare quanto avrebbero “tirato”.
I cani legati potevano osservare i loro proprietari interagire con un cane finto, il quale rappresentava un potenziale rivale sociale, oppure con un cilindro foderato di pile di dimensioni simili a quelle di un cane, ma molto differente nell’aspetto. Ad un certo punto, però, veniva posizionata una barriera tra il proprietario ed il suo cane. La barriera permetteva comunque al cane di vedere la postura del proprietario, ma non di osservare direttamente l’interazione con il cane finto.
I ricercatori hanno quindi riscontrato che i cani tiravano al guinzaglio con più forza, cercando di avvicinarsi al proprietario, quando osservavano quest’ultimo interagire con il cane finto, ossia il rivale sociale, rispetto a quando invece interagiva con il cilindro di pile.
Non solo, sorprendentemente i cani tiravano con la stessa forza sia quando potevano vedere il proprietario interagire con il cane finto sia quando era nascosto dalla barriera. Questa risposta comportamentale si può spiegare presupponendo che i cani fossero in grado di rappresentare mentalmente l’interazione, vale a dire erano in grado di immaginare che il loro proprietario stesse accarezzando il cane finto dietro la barriera anche se non potevano vederlo direttamente.

Come sempre, bisogna essere cauti nel trarre conclusioni da questi i risultati. Infatti, nonostante per noi umani sia naturale ritenere che i nostri cani possano provare emozioni e stati mentali simili ai nostri, non sempre interpretiamo correttamente i loro comportamenti. Ad esempio, uno studio del 2009 [2] ha rivelato che, mentre i proprietari ritengono che i propri cani si sentono in colpa quando hanno disobbedito a qualche regola, in realtà essi non sono consapevoli di essersi comportati male ed il loro cosiddetto “sguardo colpevole” è invece associato all’essere sgridati.
Tornando allo studio di cui stiamo parlando, i ricercatori dell’Università di Auckland hanno osservato nei cani dei comportamenti tipici della gelosia, in particolare il cercare di avvicinarsi, anche quando non potevano vedere il loro rivale sociale, ma lo “immaginavano” interagire con il loro proprietario.
Tuttavia, anche se i comportamenti sono simili, ciò non significa necessariamente che i cani sono gelosi esattamente come lo siamo noi umani. Come abbiamo già detto, è molto complesso affermare che cosa provano i cani, quali sono le loro esperienze mentali, e se queste sono simili alle nostre. Grazie a questi studi, però, possiamo conoscere meglio le loro capacità cognitive ed emotive ed instaurare con loro una relazione più consapevole.