L’adozione di un cane dovrebbe basarsi su una scelta consapevole e coscienziosa, ma non sempre è così. Gli annunci di cani in cerca di casa da parte di canili e associazioni sono sempre più numerosi e struggenti. Può quindi capitare che l’emotività abbia il sopravvento. Con questo articolo vogliamo approfondire alcuni aspetti da tenere in considerazione prima di adottare cani provenienti da canili (o da stalli).
Spesso noi professionisti cinofili veniamo contattati da proprietari che hanno cani che non riescono ad uscire di casa, che mostrano comportamenti aggressivi, che hanno paure, fobie o altri comportamenti indesiderati. Molte volte si tratta di cani che hanno trascorso il periodo critico della socializzazione (leggi di più in questo articolo), in contesti ambientali molto differenti da quelli in cui poi si trovano. Un cane nato in campagna e poi adottato da una famiglia che vive in un appartamento in centro a Milano costituisce un esempio tipico. Questa considerazione è applicabile anche a cani che provengono da allevamenti o altri contesti, ma nel caso di stalli o canili, la possibilità che il cane sviluppi un problema comportamentale è più alta.
Cerchiamo di capire insieme perché potremmo trovarci di fronte a queste situazioni, partendo dall’osservazione delle esperienze pregresse che possono aver vissuto questi cani.

Da dove provengono questi cani?
Un cane in canile o in stallo spesso proviene da:
- rinuncia di proprietà o abbandono
- stato di libertà: dalla strada o da contesti naturali (cane randagio o ferale)
- sequestro
- cucciolate prelevate dalla strada o da contesti naturali.
Proviamo ad analizzare ognuno di questi casi per comprendere quali sono le possibili conseguenze sul cane che vorremmo adottare o che abbiamo adottato.
Il cane ceduto o abbandonato
I cani sono animali sociali e, per un cane domestico, la famiglia è parte fondamentale della sua esistenza. Essere ceduto o abbandonato provoca in lui sensazioni di rifiuto, solitudine ed abbandono, che generano emozioni negative come rabbia, ansia o apatia, fino alla depressione.
La nuova famiglia adottante dovrà essere consapevole di quello che ha passato il cane e del fatto che probabilmente avrà almeno delle iniziali difficoltà ad ambientarsi nel nuovo contesto e a fidarsi dei nuovi proprietari. Un monito, questo, per invitare ad informarsi prima di andare incontro a difficoltà complesse da gestire.

Il cane che proviene da uno stato di libertà
Purtroppo questo è un caso frequente, poiché nel nostro Paese il fenomeno del randagismo è molto presente, soprattutto nel sud Italia. Cani che vivono la loro vita liberi, senza contatti diretti con l’uomo se non per recuperare del cibo, sono animali per cui la concezione di casa è spesso lontana da quello che noi immaginiamo.
La loro casa può infatti essere il sottoscala di un palazzo, un rifugio di fortuna in un parco o in un bosco, o ancora un qualsiasi luogo in cui sia possibile ricavare un rifugio, una tana. Per loro nutrirsi significa “spazzinare”, raccogliere gli scarti altrui, feci comprese, elemosinare cibo, talvolta catturare e mangiare piccole prede.
Questi sono comportamenti naturali del cane, che a volte non corrispondono con la nostra visione antropocentrica, e a tratti pietista, della realtà. Sono cani che godono di libertà totale, che talvolta devono affrontare delle situazioni di pericolo ma in linea con la loro natura. Chi siamo noi per decidere che quella non debba essere la loro vita? Prima di dichiarare di aver “aiutato” un animale, dovremmo essere consapevoli di cosa significhi “aiuto” per quello specifico essere vivente.
Accalappiare un cane randagio comporta un trauma. Alcuni cani liberi vengono accalappiati perché rappresentano un pericolo per le persone, altri invece vivono serenamente in sintonia con la comunità, ma vengono messi in canile perché, a detta di alcuni, sono “poverini” e non sono in grado di cavarsela da soli. L’inserimento in canile o in stallo provoca disorientamento nel cane, perché l’ ambiente è diverso, sconosciuto, e a volte implica anche l’allontanamento dal proprio branco, un cambio di alimentazione e un’enorme modifica del proprio stile di vita.

Pensiamo a come può sentirsi un animale, abituato alla libertà, trovandosi un giorno rinchiuso in un box di 2 metri per 2, in un ambiente sconosciuto con intorno esseri sconosciuti. Un cane abituato a vivere libero dovrebbe essere introdotto nel “nostro” mondo con calma e risolutezza.
Cerchiamo di capire cosa comporta accogliere un cane di questo tipo in casa nostra. Proviamo a pensare cosa significhi, per un cane randagio, vedere un divano. Prima di percepirlo come oggetto di relax, dato che non ha idea di cosa sia, potrebbe essere semplicemente qualcosa di molto più grande di lui, che non ha mai visto nel suo “mondo precedente”, quindi ancora da scoprire (magari con i denti!).
Proviamo a pensare cosa significhi per un cane randagio vedere superfici riflettenti come i nostri pavimenti lucidi o l’anta del forno. In natura gli elementi come il terreno, l’asfalto, la sabbia, il legno etc.. sono opachi.
Questo è solo un esempio, ma permette di capire che cosa del “nostro mondo”, che noi diamo per scontato, per alcuni cani possa diventare fonte di timore e diffidenza, proprio perché mai esplorato. Possiamo pensare anche al guinzaglio, alle auto, alle biciclette, al rumore del campanello, al suono delle campane, alla tv e a molti altri stimoli di cui potrebbero non aver avuto esperienza.
Il medesimo ragionamento è applicabile alle persone. Cani che hanno vissuto liberi potrebbero non aver mai avuto contatti ravvicinati con degli esseri umani, oppure questi contatti potrebbero aver avuto un impatto negativo su di loro. Non tutti i cani, quindi, hanno un impulso positivo verso le persone, pertanto le difficoltà di socializzazione potrebbero non essere limitate al contesto ambientale, urbano e casalingo, ma presentarsi anche in quello sociale.
Dobbiamo cercare di intuire il loro punto di osservazione e capire che per loro vivere nelle nostre città o entrare nelle nostre case significa entrare in un mondo sconosciuto, spesso dopo aver vissuto situazioni estremamente stressanti.
Il cane CHE proviene da sequestro
Cani maltrattati, lasciati senza cibo o cure, legati a catena o in condizioni igieniche precarie, sono soggetti cresciuti senza rispetto, in situazioni di disagio e instabilità del nucleo familiare. Queste dinamiche possono causare problemi comportamentali, dai comportamenti aggressivi a quelli autolesionistici, dalle timidezze e fobie fino a disturbi ossessivi compulsivi.
La deprivazione dei bisogni primari o di sicurezza per i cani significa minare la loro esistenza e quindi generare reazioni pericolose per sé stessi e per gli altri. I cani che hanno vissuto situazioni di maltrattamento hanno più probabilità di sviluppare paura verso l’uomo, pertanto è consigliabile affidarsi ad un professionista cinofilo per impostare un percorso rieducativo.

Cucciolate prelevate dalla strada o da contesti naturali
Il cucciolo è spesso più apprezzato di un cane adulto, ciò significa che l’adozione dovrebbe avvenire in tempi brevi a partire dal momento della cattura. Ciò permetterebbe l’inserimento del cane in un nuovo contesto familiare durante le fasi critiche della socializzazione, consentendo all’adottante di avere un margine di inserimento positivo, se fatto correttamente e con risolutezza.
È molto importante, però, che ciò avvenga nei tempi giusti e con le giuste modalità, ricordando che i cuccioli, sia dal punto di vista legislativo sia da quello etico, non dovrebbero mai essere separati dalla madre prima dei due mesi di età. Diverso sarà il caso di cuccioli abbandonati dalla madre o da persone.
In tal caso sarà un recupero fatto per assicurare al cucciolo le cure necessarie e a quel punto, in base all’età (se è autosufficiente) e alla predisposizione sociale, sarà compito di professionisti valutare il reinserimento in natura o procedere verso l’iter di adozione.
Questi cani sono adottabili?
Fortunatamente ci sono realtà che si fanno in quattro per gestire bene le adozioni e che tengono conto del tipo di cane che ospitano. Esistono strutture e associazioni con team di volontari e professionisti che collaborano per far sì che anche i cani provenienti dai contesti più difficili possano arrivare all’adottante a seguito di un percorso di riabilitazione comportamentale e propensi alla convivenza con noi, nelle nostre case.
Seguendo un iter di recupero e adozione consapevole, questi cani e le loro famiglie adottanti potrebbero scoprirsi in una nuova vita felice ed appagante.